La Cantina Pirata nasce ufficialmente il 22 febbraio 2022 – una data che, con il suo ripetersi numerico, sembra quasi preannunciare la rottura con gli schemi convenzionali. Sebbene la vinificazione fosse già nel DNA della famiglia, l’impulso decisivo arriva con il pensionamento del padre, storico enologo della cooperativa del paese per oltre 40 anni. È proprio lui a essere “costretto” dal figlio ad avviare questa nuova impresa: una cantina che vuole staccarsi dai soliti nomi legati alla famiglia o alla regione, per affermare una visione libera e indipendente del vino.
Una filosofia fuori dagli schemi: la pirateria enologica
Il nome Cantina Pirata è tutto un programma. Dietro non c’è solo una strategia di branding, ma una precisa volontà di sperimentare oltre le denominazioni e le regole imposte dai disciplinari DOC. Il concetto di “pirateria enologica”, come lo definisce lo stesso fondatore, esprime la libertà di creare senza vincoli, di mischiare tradizione e innovazione, e di esplorare nuove strade produttive.
Questa filosofia ha attirato l’attenzione anche a livello nazionale: Cantina Pirata è stata infatti tra le protagoniste di Only Wine 2025, la fiera dedicata alle migliori piccole cantine italiane under 40, che premia il coraggio e la qualità dell’innovazione enologica. E ovviamente ha attirato anche me dopo un assaggio al volo del loro Coda di Volpe…
La storia curiosa della “Barbera del Sannio
Una delle etichette più emblematiche della cantina è la cosiddetta Barbera del Sannio, ma dietro questo nome si nasconde un errore storico: negli anni ’60-’70, un vitigno autoctono del Sannio fu confuso con la Barbera piemontese per la somiglianza enologica e sensoriale (colore intenso, profumi marcati, assenza di tannino). In realtà, si tratta della Camaiola, oggi finalmente riconosciuta ufficialmente come varietà a sé. La cantina sta lavorando per restituirle il suo nome autentico anche nell’etichettatura.

Una linea principale e una vena sperimentale
La produzione della cantina si articola in una linea principale di sei vini fermi più un passito: tre bianchi, tre rossi e, appunto, un vino dolce. A questa si aggiunge ogni anno una selezione di etichette sperimentali, tra rifermentati, orange wines e metodo classico, nate dalla voglia di testare nuove tecniche e combinazioni, alcune delle quali potrebbero entrare stabilmente in produzione in caso di successo.
Tra le sperimentazioni più riuscite c’è Trinità, un bianco frutto di un blend di Fiano, Falanghina e Coda di Volpe. La sua particolarità sta nella tecnica del ripasso sulle vinacce del passito, solitamente utilizzata nei vini rossi. Il nome Trinità deriva dall’organizzazione del vigneto: sei filari per ogni varietà, per un totale di 6+6+6, un richiamo ironico al “numero del diavolo”, con tanto di leggenda legata alla “mano destra del diavolo”.
Fermentazioni spontanee e minima interventistica
Anche il passito della cantina adotta una doppia ispirazione tra metodo solare e metodo perpetuo, con fermentazione spontanea da lieviti indigeni. Gli altri vini sono prodotti con approccio più convenzionale, ma con interventi minimi, resi possibili dalla dimensione contenuta (circa 4.000-5.000 bottiglie all’anno), che consente un controllo accurato del processo produttivo.
Transizione sostenibile anche in vigna
In vigna, la gestione si adatta di anno in anno alle condizioni climatiche, che negli ultimi tempi si sono fatte sempre più complesse. Tuttavia, c’è un chiaro intento verso una progressiva eliminazione della chimica. Un processo graduale, ma inevitabile: “Il futuro è quello lì”, afferma il fondatore con convinzione.
Uno sguardo al futuro: accoglienza e turismo
La visione della Cantina Pirata non si ferma alla produzione. Il futuro prevede una diversificazione verso l’accoglienza, le degustazioni e il turismo esperienziale, per offrire un contatto diretto con il mondo del vino. Nonostante lo spirito “pirata”, l’immaginario della cantina è profondamente legato al mondo western: un omaggio personale ai ricordi d’infanzia e ai film visti con il padre, che oggi si riflette anche nei nomi semplici e d’impatto dei vini, pensati per essere facilmente ricordati e riconosciuti.
Cantina Pirata è molto più di una giovane realtà vitivinicola. È una dichiarazione d’intenti, un laboratorio sperimentale, un omaggio alla libertà e alla memoria. Un progetto che affonda le radici nella tradizione familiare ma che guarda al futuro con audacia, spirito indipendente e voglia di sorprendere.